Le lamentele circa l’invasione della nostra privacy online sono ormai all’ordine del giorno.

Queste polemiche sorgono da temi come il tracciamento dei dati a opera dei cookies, o intorno ai sistemi di ascolto dei nostri smartphone (un esempio è Siri). 

Tali tecnologie si configurano più come invasive che immersive: non è una coincidenza vedere sul nostro smartphone la pubblicità dello specifico argomento di cui abbiamo parlato a voce poco prima con un nostro amico! 

La crescita esponenziale dei dati “rubati” 

L’avvento delle tecnologie di realtà aumentata (AR) e realtà virtuale (VR) ha modificato tali dinamiche in maniera potenzialmente più distopica.

Grafico che registra il numero di utenti di realtà aumentata 2019-2024
Il grafico mostra il numero di device di realtà aumentata (AR) attivi nel mondo dal 2019 (440 milioni) fino alle previsioni per il 2024 (1,7 miliardi). Fonte: statista.
L’obiettivo di tali tecnologie è offrire esperienze coinvolgenti e immersive.

Per fare un esempio, Quest Pro, il visore di ultima generazione di Meta, è anche il primo dell’azienda dotato di telecamere rivolte verso l’interno del dispositivo, per osservare gli occhi e i movimenti del viso dell’utente.

Il colosso statunitense si è espresso a riguardo delle tipologie di dati raccolti dalle sue tecnologie AR/VR. Eccone alcuni:

Pro e contro

Informazioni come quelle sopra elencate possono essere registrate e utilizzate per scopi più o meno “nobili”.

Da un lato l’analisi dei dati biometrici è in grado di diagnosticare o prevedere diversi disturbi cognitivi e fisici come ansia, depressione, schizofrenia, dipendenza, deficit di attenzione, iperattività e autismo. L’utilizzo di queste informazioni può dunque rivelarsi molto interessante in ambito medico.

Queste attività, tuttavia, dovrebbero sempre essere accompagnate da policy precise.

Due medici utilizzano dei visori a realtà aumentata
La realtà aumentata agevola lo sviluppo di diagnosi mediche. Fonte: ITSSI.
La privacy nel settore della Realtà Virtuale

Esistono quindi delle condizioni d’uso valide per tutti? 

Attualmente no.

Non ci sono regolamentazioni complete che tutelino la privacy degli utenti coinvolti in queste tecnologie immersive in maniera esaustiva. Ovviamente però siamo solo all’inizio.

Nel 2021 l’ITIF (Information Technology and Innovation Foundation) ha tenuto una conferenza in cui sono stati evidenziati i passaggi più urgenti in materia. 

Dalla conferenza è emersa una presa di posizione fondamentale in merito: 

Secondo l’ITIF, gli utenti hanno il diritto di comprendere chiaramente come vengono utilizzati i dati biometrici. Aspetti come il tracciamento del movimento oculare o le espressioni facciali dovrebbero essere protetti con misure adeguate nei confronti di terzi non autorizzati.

Non solo sicurezza dei dati

I rischi non si limitano solo alla sfera della raccolta dati: un futuro immersivo solleva considerazioni uniche anche in materia di sicurezza e integrità psico-fisica

Le preoccupazioni sui potenziali danni fisici ed emotivi associati alla fruizione di “mondi” alterati o sostituiti interamente da contenuti digitali è concreta

“C’è la possibilità che la realtà venga manipolata”, ha affermato Jessica Outlaw, direttrice di ricerca di Extended Mind.

All’aumentare dunque dei rischi, è necessario aumentare le misure di sicurezza.

AR e VR creano di fatto un mondo parallelo. All’interno di realtà come Horizon Worlds (di proprietà di Meta) dovranno essere varate leggi e regolamentazioni valide universalmente.

Succederà? Ancora non possiamo saperlo con certezza. 

Come affrontare il cambiamento tecnologico?

Per ottenere i massimi benefici dalle straordinarie tecnologie che si stanno sviluppando, occorre anzitutto coltivare consapevolezza e giudizio critico.

Rimanete informati, osservate quel che vi circonda, sforzatevi di comprendere a fondo le dinamiche delle novità tecnologiche.

D’altronde si parla di realtà digitali ancora in gran parte inesplorate: meglio farsi trovare preparati.